La performance di un atleta è nell’immaginario collettivo, correlata a quegli allenamenti che incrementano la forza muscolare, la potenza aerobica o la velocità, in base a qual è la disciplina praticata.
Raramente lo stretching è visto come mezzo di allenamento correlato ad una prestazione.
Questo perché c’è una importantissima questione che troppo spesso è però trascurata ovvero, l’importanza del rapporto lunghezza muscolare-tensione del muscolo.
Il muscolo deve avere una lunghezza adeguata
È in questo contesto ovvero, quello di avere un corretto rapporto lunghezza-tensione, che si inserisce lo stretching come elemento determinante nell’influenzare la prestazione.
La forza massimale che un muscolo può sviluppare infatti, è direttamente correlata alla lunghezza iniziale delle sue fibre per cui, se ad esempio abbiamo un muscolo in posizione iniziale di accorciamento, diminuirà il quantitativo di tensione che il muscolo stesso può sviluppare.
Se invece, il muscolo è in posizione di eccessivo allungamento, i filamenti di ogni sarcomero (il sarcomero è l’unità contrattile del muscolo volontario), sono troppo distanti tra loro, con conseguente incapacità di sviluppare tensione.
Ovviamente la performance ne risentirà in maniera direttamente proporzionale.
Funziona un pò come un elastico.
Uno di quegli elastici colorati che usano gli studenti e che sicuramente vi sarò capitato di trovare su una qualsiasi scrivania.
Per poter tenere insieme ad esempio, un gruppo di matite, un elastico deve arrivare ad una tensione tale da raggruppare le matite senza che nessuna possa uscire.
Ma se il numero di matite è troppo esiguo, l’elastico non arriva ad una tensione sufficiente e quindi la sua funzione è influenzata dalla sua lunghezza troppo ridotta. D’altro canto, se mettiamo troppe matite, costringeremo l’elastico ad arrivare ad una lunghezza tale, che al momento del rilascio, non riuscirà a tornare alla sua lunghezza originale e non riacquisterà quindi, la stessa capacità di esprimere tensione.
E’ evidente quindi, che per ottenere il massimo da un elastico, è necessario che lo stress a cui è sottoposto lo porti ad una lunghezza adeguata.
Per il muscolo funziona più o meno così.
Stretching: rapporto lunghezza/tensione del muscolo e performance
Nel sarcomero, che è l’unità funzionale del muscolo, vi sono filamenti di actina e miosina, che in qualche modo “si aggrappano” tra loro per esercitare una tensione che porta all’accorciamento del muscolo (la cosa è più complessa ma questo rende abbastanza l’idea).
Ecco perchè un rapporto tra lunghezza e tensione ottimale, è necessario affinché un muscolo possa sviluppare forza massimale.
Infatti, proprio come un elastico che tiene delle matite, se la posizione iniziale del muscolo è in accorciamento, i filamenti in ogni sarcomero sono già sovrapposti limitando così, il quantitativo di tensione che il muscolo può sviluppare.
Se invece la posizione del muscolo è in eccessivamente allungata, i filamenti nel sarcomero, sono troppo distanti e la mancanza di sovrapposizione che ne consegue, impedisce lo sviluppo di tensione.
E’ quindi, fin troppo evidente che se si inseriscono in un programma di allenamento esercizi che consentono il ripristino o il mantenimento della corretta lunghezza muscolare, la performance ne risentirà in meglio.
Con i dovuti distinguo però!
Perchè è importante ribadire alcuni concetti sullo stretching, che ho già espresso nei precedenti articoli:
- non aumenta la temperatura del muscolo
- c’è discordanza nel mondo scientifico, sul fatto che lo stretching aiuti davvero a prevenire gli infortuni
- non aiuta a smaltire la fatica
E allora perchè è così importante, inserire lo stretching nell’allenamento?
Perchè lo ottimizzando il rapporto tra lunghezza e tensione del muscolo, lo stretching nelle sue varie forme, mette il muscolo nelle condizioni di ottimali.
Ovvero, consente al muscolo di tradurre in performance tutto il potenziale che si è costruito con l’allenamento.
A meno che…….
Come tutte le cose c’è un rovescio della medaglia.
Perchè lo stretching fatto male o fatto nel momento sbagliato, può si influenzare la prestazione ma, in peggio.
Per concludere quindi, ecco cosa propongo abitualmente agli atleti che seguo:
- privilegiare stretching dinamico in età giovanile almeno fino ai 14-15 anni
- essere continui e costanti nell’utilizzo dello stretching nella periodizzazione annuale degli allenamenti
- in prossimità delle gare, in particolare se sono richieste espressioni di forza o esplosività, ridurre lo stretching a pochi esercizi della durata massima di 10-12″
- EVITARE nel modo più assoluto lo stretching in modalità PNF la settimana della competizione
Ed infine, se con lo stretching non riuscite ad ottenere risultati tangibili e soprattutto duraturi nel tempo, rivolgetevi al vostro fisioterapista di fiducia.
Forse non è il muscolo a limitare l’arco di movimento!
Ma questa è tutta un altra storia e ne riparleremo presto.
P.s. Nella sezione video del blog, troverete qualche applicazione pratica di esercizi di allungamento.
Per ora eccovi una pillola video sulle modalità di allungamento di uno dei muscoli più particolari e potenzialmente problematici dell’arto inferiore.
Il muscolo Soleo
Fatene buon uso.
Alla prossima
Andrea